BARDI


«Siam povera gente», dicono, quasi in imbarazzo per una casa di pietra e di fiabe, con il creato intorno. Abitano tre persone, a Pianelletto, frazione nascosta nelle montagne fra Valceno e Valtaro: due donne e un uomo. Anelina Speroni con il marito Gino Baccarini, e la bella, ma ormai sola, Rosa Bonasera, che ha gli ultimi raggi del tramonto di un’epoca negli occhi, accesi in una faccia di rughe sorridenti. Vivono di quello che hanno, e non è poco: un pianoro di montagna, alberi da frutto, l’orto e qualche animale. Il cielo, acqua fresca, il vento. Il grande silenzio serale degli Appennini.


Siamo a 1109 metri di altitudine, in un paese che è arrivato, nei secoli scorsi, fino a settanta, ottanta persone. E qualche tempo fa? «Qualche tempo fa quando?», domanda l’anziana Anelina, i tratti delle montagne dell’Est. «Una ventina d’anni fa, per esempio». «Ah, eravamo ancora in sei». Pianelletto si raggiunge dalla val Noveglia, con una stradina tutta tornanti a gomito; dopo un abitato chiamato Venezia (non poca suggestione), si lascia l’asfalto. La strada diventa una carraia di buche e solchi, pendente, immersa nel fogliame dei faggeti.


I tre vivono lavorando la legna, filando la lana, e spigolando ricordi di guerra. Se ne sono andati bruciando tutto, i nazisti, e non c’è lo storico del luogo a ricordarlo, qui: ma l’uscio di una casa abbandonata ancora carbonizzato. Baccarini aveva 15 anni allora, andava per boschi a nascondersi nei giorni dei rastrellamenti, tira fuori dalla bisaccia dei ricordi il giorno che gli «hanno rubato il porco». Quello c’era e quello portavano via: buoi, vacche, maiali. Nessuno pronuncia la parola «partigiano»¸forse è solo un caso linguistico di un luogo isolato dove si parla un dialetto singolare, già quasi ligure: li chiamano, semplicemente, astoricamente, «ribelli». Tra questi «Betti», che hanno conosciuto prima di essere ammazzato sulle montagne liguri; posti di Resistenza questi, nei quali hanno operato i distaccamenti “Picelli”, in alta Val Noveglia, e “Betti” nei pressi di Varsi. La resistenza, adesso, la fanno lavorando la legna a mani nude.


La giornata è lunga, non la sveglia ma il sole apre, regola e chiude. Si lavora la legna, dal Dopoguerra; tronchi di faggio. Le mani delle signore, che all’ora di pranzo prendono il fresco con due cagnette affettuose su una panca, sono disegnate da quel lavoro: grosse, rosse e piene di nocche. Mani calde, decise, che all’imbrunire, davanti al teatro dei crinali a braccetto prima del mare, filano la lana di pecora; bestie che loro stesse allevano e tosano. Ne ricavano abiti e calze, le usano per l’inverno o le vendono ai – rari – passanti. Come le uova delle galline, libere tra il cortile e il resto del mondo, i funghi porcini, o altre graziose cose preparate con amore, e infinita calma.


Rosa Bonasera ci accoglie in casa. La stessa di sempre, dove si è sposata: pietre grezze una sopra l’altra, soffitto basso, senso di libertà. Mura annerite da decenni di riscaldamento a legna; la stufa, in ghisa, è al centro. Le ore vanno avanti piano. Difficilmente c’è foschia.
Una volta si lavorava il carbone, dopo la guerra è cambiato tutto. «Si è sempre tirato a campare», chiosa Baccarini, che vive, come il settanta per cento degli altri abitanti, con 400, massimo 450 euro di pensione al mese. E allora è una prigione d’oro, Pianelletto? «Altroché. Per noi è tutto. È il posto più bello. Almeno finché non siamo obbligati, stiamo qui. Non ci vado più neanche, in città. Fino a Bardi e basta, qualche volta».


«Viene in mente», narrano le donne mangiando pane e formaggio, con le coccole dei cani, «di quando andavamo a piedi alla Messa, giù a valle». Banchi di scuola, fino alla quinta elementare una, terza l’altra. Però conoscono le erbe. E si svegliano alle cinque del mattino a lavorare, a vivere, per quanto gli anni ormai siano quasi cento. Sono i ritmi degli esseri umani e non delle macchine, non dei processori? O l’energia nascosta del monte Barigazzo da dividere solo in tre, ormai?


Contadine e casalinghe, Rosa e Anelina, per una vita: adesso amiche e compagne di pomeriggi, due terzi della popolazione di Pianelletto. «Abbiamo lavorato tanto e guadagnato poco», sorridono, ma, «si vive!». Ogni giorno il minestrone a mezzogiorno, diversi figli e figlie cresciute, ma qualche leggenda, la conoscete? «Ah, si racconta di un girovago…». E Baccarini: «Sì, ce ne sono, per i bambini, ma adesso non mi vengono in mente, dovrei rammentarle». Impossibile tornare a mani vuote, si scende verso il bar Mixage di Noveglia con i profumi di Pianelletto attaccati addosso, e l’ultima frase affettuosa delle due signore, «tornate a Ferragosto, che vi offriamo le nostre amarene!».